pubblicato il 20 09 2012
In un contesto giurisprudenziale perennemente fluido pare opportuno “fissare” lo stato dell’arte delle norme che consentono, alle imprese promotrici e organizzatrici di congressi, di detrarre dall’Iva o dedurre dall’Irpeg.
Detraibilità Iva
Dal 1° settembre 2008 è stata soppressa l’indetraibilità oggettiva dell’Iva per le prestazioni alberghiere e per le somministrazioni di alimenti e bevande, così derivandone un’ingiusta penalizzazione per le agenzie di viaggio, che addebitano l’Iva in regime speciale. Un tentativo di porre rimedio è stato l’introduzione del comma 8 bis nel testo dell’art 74-ter del DPR 633/1972, secondo cui le agenzie di viaggio possono, per le prestazioni di organizzazione di convegni, congressi e simili, applicare il regime ordinario dell’imposta. Ma l’Unione europea non ha concesso la deroga, dunque il comma non è applicabile. Eppure l’agebzia – qui sta la novità – può comunque addebitare l’Iva in regime ordinario su ciò che ha comprato su incarico del cliente, valendo il regime 74-ter solo per ciò che ha precedentemente acquisito.
Ricordiamo inoltre che dal 2011 le prestazioni di servizi relativi ad attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative ricreative e simili, ivi comprese fiere ed esposizioni, le prestazioni di servizi degli organizzatori di dette attività, nonché le prestazioni di servizi accessorie alle precedenti rese a committenti non soggetti passivi, si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando le medesime attività sono ivi materialmente svolte. Per cui il corrispettivo per l’organizzazione di un congresso, se richiesta da un privato, è sempre imponibile nel luogo dell’evento e il corrispettivo per l’organizzazione di un congresso, se richiesta da un soggetto passivo, è imponibile nel luogo del committente.
Deducibilità Irpeg
Le spese di ospitalità sostenute dalle aziende farmaceutiche in occasione di congressi e convegni sono qualificabili come di rappresentanza e scontano, pertanto, i limiti di deducibilità fiscale di queste ultime se la società contribuente non fornisce evidenza che tali eventi hanno finalità di rilevante interesse scientifico. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2276 del 31 gennaio 2011, facendo applicazione del regime che disciplinava il trattamento da riservare ai costi sostenuti dalle imprese farmaceutiche per iniziative convegnistiche «collegate» ai farmaci del prontuario valido fino al 1998.
Come è noto, la disciplina fiscale delle spese per la promozione e l’organizzazione di congressi e convegni era desumibile, per la generalità delle imprese, dal dettato di cui all'art. 74, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi. Tale norma prevedeva significative restrizioni alla deducibilità dei componenti di reddito di cui si discute, in quanto stabiliva che «le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione nella misura di un terzo del loro ammontare e sono deducibili per quote costanti nell'esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi. Si considerano spese di rappresentanza anche i contributi erogati per l'organizzazione di convegni e simili».
Per le imprese che operano nel comparto farmaceutico, tuttavia, la materia della convegnistica scientifica era (ed è tuttora) sottoposta a disposizioni di carattere speciale, in considerazione dell'interesse di natura pubblicistica che sottende la tutela della salute dei cittadini. In particolare, per quanto concerne gli aspetti prettamente fiscali del fenomeno, veniva in rilievo il contenuto dell’art. 19, comma 14, della legge 67/1988 – in seguito più volte modificato e abrogato del tutto, per essere trasfuso sostanzialmente nell'art. 36, comma 13, della legge 449/1997 – secondo cui le spese sostenute da aziende produttrici dei medicinali contenuti nel prontuario terapeutico, «per promuovere e organizzare congressi, convegni e viaggi a essi collegati, sono deducibili, ai fini della determinazione del reddito di impresa, quando hanno finalità di rilevante interesse scientifico con esclusione di scopi pubblicitari in conformità ai criteri stabiliti dal ministero della Sanità (oggi Salute, ndr) con proprio decreto» e autorizzati, ancorché tacitamente, dal ministero della Sanità secondo quanto prescritto dal vigente Dlgs 541/1992.
In base a quanto è possibile desumere dal testo della sentenza che qui si segnala, una società farmaceutica aveva portato in deduzione del reddito imponibile 1994, ai fini Irpeg e Ilor, spese di ospitalità sostenute in relazione all'organizzazione di convegni e congressi, applicando la normativa speciale da ultimo ricordata. L'amministrazione finanziaria aveva però contestato tale trattamento, sostenendo invece la qualificabilità dei componenti reddituali fra le spese indeducibili (almeno in parte). La Cassazione ha sostanzialmente condiviso la tesi degli accertatori, rilevando da un lato che la contribuente non aveva dimostrato che congressi, convegni e conferenze fossero stati preventivamente autorizzati dal ministero della Sanità e avessero rilevante interesse scientifico senza alcuno scopo pubblicitario e dall'altro che le spese per l'ospitalità collegata a tali eventi rientrano fra le «spese di rappresentanza», atteso che hanno quale effetto quello di accrescere il prestigio della società organizzatrice.
Inoltre, puntualizza la Corte, le spese di vitto non possono essere ricomprese nell'ambito di quelle integralmente deducibili se di valore inferiore alle vecchie 50mila lire, posto che la norma si riferiva inequivocabilmente a beni e a oggetti materiali distribuiti gratuitamente.
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