Il punto forte del punto vendita

pubblicato il 05 05 2012

Atteso che il viaggio è da sempre considerato lo strumento principe nei piani motivazionali destinati alle forze vendita, qualche perplessità può sorgere quando si parla di dealer o retailer, cioè venditori al dettaglio.

Essi sono a contatto diretto col consumatore finale, ne subiscono gli umori e sono costretti a subordinare i propri risultati commerciali a un’aleatorietà ingestibile se non nel breve o brevissimo termine. Laddove, come ben sappiamo, i viaggi sono programmabili e fruibili solo nel medio-lungo.

Destinazione negozio

L’esperienza può essere di valido aiuto. La casistica americana ci riferisce di un affermato negozio di abbigliamento lungo la west coast, specializzato in abiti casual per uomo e donna, che entrò in crisi quando il grande sviluppo della regione iniziò a generare potenti flussi di traffico verso un altro quartiere, tanto da attrarre non solo clienti ma anche potenziale forza-lavoro. La perdita di clienti si tradusse in un crollo delle vendite, mentre i salari più elevati coinvolgevano tutta la domanda d’impiego verso il negozio concorrente. I proprietari identificarono tre obiettivi critici per restare nel business: 1) attrarre almeno due impiegati qualificati; 2) trattenerne altrettanti; 3) aumentare le vendite del 25%.

Per motivare nuovi potenziali impiegati i proprietari decisero di avviare un programma d’incentivazione, rivolgendosi non tanto ai giovani quanto piuttosto a persone d’esperienza. Poiché il parco-impiegati su cui si puntava era considerato amante del turismo, si pensò di istituire un modello di premiazione basato sui viaggi, permettendo ai vincitori di concederseli quando e dove volessero, senza sottostare a tempistiche e destinazioni prefissate. Ciò avveniva all’interno di “griglie” categoriche per cui il raggio e la durata delle trasferte dipendevano dagli obiettivi raggiunti. Ma si poteva avanzare in classifica anche attraverso:

  1. un bonus dopo due settimane di training;
  2. un giudizio favorevole dopo tre mesi di lavoro;
  3. feedback positivi dai clienti (che venivano invitati a compilare un questionario);
  4. un buon rapporto coi colleghi;
  5. consigli strategici capaci di aumentare la clientela.

Come risultato di questo programma, non solo il negozio riuscì ad assumere tre commessi qualificati nei due mesi successivi, ma pure il numero di clienti aumentò del 30% nei primi tre mesi e addirittura del 60% dopo sei mesi.

Il problema-vendite

Si trattò, contestualmente, di porre rimedio al declino del fatturato generale, per contrastare il quale l’agenzia incentive decise di fissare un quantitativo di punti per ogni dollaro venduto da ciascun commesso, redigendo una classifica che veniva mensilmente azzerata previa proclamazione del vincitore. In sostanza, ogni mese l’impiegato che aveva venduto di più vinceva un viaggio.

I risultati in sei mesi furono i seguenti:

  1. 12% di incremento delle vendite;
  2. 100% di retention della forza lavoro;
  3. tre nuove assunzioni;
  4. aumento della clientela del 60%;
  5. aggiornamento completo delle linee di prodotto secondo i gusti della clientela.

Ed ecco le cifre di fine programma: 206mila dollari di ricavi totali, a fronte di 102mila di costi. Profitto netto: 104mila dollari.

«Il mix loyalty-viaggio secondo me è l’ideale anche per il mercato italiano», afferma Samantha Ceccardi, amministratore delegato dell’incentive house Vision Plus, «perché l’ambito della Gdo (Grande distribuzione organizzata, ndr) è amplissimo, i gusti si accavallano e con il viaggio si rischia di accontentare solo qualcuno. Oltre al fatto che gli investimenti oggi sono limitati, e i viaggi ne presuppongono di notevoli. Al limite il viaggio può essere considerato “la” chicca, il premio dei premi. Si fissa un punteggio (e una serie di benefit contestuali), e una soglia oltre la quale si ottiene anche il viaggio. Così si quadra il cerchio e non si rischia di concentrarsi su una tipologia di reward che a molti dealer può sembrare “lontana” e poco accattivante».

 

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