Le carte di credito per l'incentive

pubblicato il 21 11 2012

Se proprio si vuole incentivare il dipendente o il collaboratore attraverso una forma di remunerazione diretta, ebbene questa dev’essere erogata con le carte di pagamento, non col denaro contante. Al di là dell’offrire ben maggiore sicurezza rispetto al cash, le carte di debito o di credito costituiscono per l’azienda un ulteriore strumento di divulgazione del brand.

Due le versioni: quella prepagata, che consente una spesa pari a un certo importo, o la consueta carta appoggiata su un conto corrente individuale o corporate, con massimali mensili prestabiliti. Ma poiché, in questo secondo caso, il rischio è che il beneficiario ecceda il limite e debba poi rimetterci di tasca propria, aggiungendo alla beffa dell’esborso personale anche un certo danno all’immagine dell’impresa, le aziende, soprattutto negli Stati Uniti, preferiscono ricorrere alle carte prepagate. Esse funzionano al pari di un bancomat, proprio come se l’intestatario aprisse un conto corrente versandovi in contanti una certa somma e ottenendone in cambio una carta di debito che non gli permetterebbe di prelevare oltre il denaro depositato. Anche le carte prepagate infatti – non a caso chiamate anche carte di debito – si bloccano appena registrano una spesa superiore all’importo per cui sono state erogate.

Dal punto di vista dell’utilizzo sono identiche a un gift certificate: l’incentive house stipula convenzioni con un vasto parco fornitori presso i quali, poi, il destinatario del premio sarà libero di effettuare la spesa. Essi applicheranno un modesto sovrapprezzo al bene acquistato, rispetto al suo costo normale, come ricompensa per aver aderito all’incentive. L’ammontare eventualmente non utilizzato resterà nella memoria magnetica e sarà versato nella carta di un successivo incentivato.

 

I vantaggi

Le ricerche mostrano che la flessibilità, il valore percepito e la semplicità d’impiego sono le componenti chiave di qualsiasi programma incentive di successo, e a questa regola le carte di credito o di debito non fanno eccezione. In genere il parco venditori a cui rivolgersi per acquistare è smisurato, dunque le possibilità di scelta non si contano. E questo è il vantaggio principale delle carte su altre due forme di gratificazione: il merchandising, i cui cataloghi presentano un’offerta limitata per ovvie ragioni di costo, e i gift certificate, validi in genere solo presso questa o quella catena di distribuzione (e infatti non troppo amati dal pubblico, soprattutto in Europa). Altro vantaggio è dato dall’automatizzazione dell’accredito dei punti-premio. In virtù della computerizzazione dei sistemi bancari, i livelli di premio possono essere tracciati, e gli stessi premi erogati, praticamente in tempo reale. I costi amministrativi sono relativamente bassi, e inoltre si evitano lungaggini come quelle per il rilascio dei certificati (che richiedono dai 30 ai 60 giorni) o per la realizzazione di un catalogo d’oggettistica.

Anche l’assistenza è di livello: il partecipante può controllare in qualsiasi momento il suo accumulo punti collegandosi a un sito o telefonando a un numero verde dedicato, mentre, per converso, la società erogante può controllare agevolmente la regolarità delle spese.

Gli svantaggi

Ogni medaglia ha il suo rovescio, d’accordo, ma in questo caso si sfiora l’ironia. Il principale punto di debolezza delle carte di credito e di debito come forma d’incentivazione è infatti anche il loro punto di forza, ossia la semplicità ordinaria dell’utilizzo. Ciò finisce per svilire la percezione dell’esclusività da parte dei premiati, i quali, anziché vedersi consegnare un trofeo su un podio davanti a una platea plaudente, si vedono semplicemente… recapitare una carta di credito. Troppo poco per chi si sente un eroe. I più acuti sostenitori di questa forma di premio replicano che è sufficiente attendere il momento (o i momenti) degli acquisti per colmare la lacuna – il che può essere vero: a chi non piace spendere tanto?

A parte le battute, va detto che i retailer sono selezionati con cura, dunque il premiato è diciamo “costretto” a spendere i suoi soldi in prodotti di prestigio, non certo in benzina o verdure.

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