pubblicato il 10 10 2012
Un programma fedeltà costa, in termini di ristorni alla clientela, l’1% delle vendite. E per quel che concerne le tecnologie, studi specialistici indicano che, a fronte di una spesa per strumenti di CRM in crescita, quasi il 60% dei progetti non porta a risultati apprezzabili.
Con l’introduzione pressoché generalizzata dei programmi fedeltà si rende necessario integrare le promozioni di continuità e le attività a esse collaterali all’interno del piano promozionale retail. In quest’ottica, quantificare il raggiungimento delle finalità prefissate è problema complesso, giacché:
1) le finalità dell’azione non si esauriscono nel semplice aumento delle quantità vendute e del fatturato, ma sono numerose (dallo smaltimento delle scorte in eccesso all’incremento della frequenza d’acquisto, dalla motivazione al trade all’ottenimento di visibilità ecc) e in una medesima azione promozionale possono sovrapporsi;
2) i decisori potrebbero non aver assegnato ed espresso chiaramente gli obiettivi dell’azione;
3) i risultati della promozione possono verificarsi con anticipo (lead) o con ritardo (log); per esempio, i volantini mensili con cui le insegne della Gdo informano sulle future opportunità promozionali possono influenzare i clienti indicendoli a rinviare gli acquisti al momento di maggior convenienza, generando perdita di vendite e minori margini;
4) l’azione promozionale su un prodotto ha effettianche su altri prodotti e categorie, detti “sostituti” e “complementari”;
5) l’efficacia della promozione risulta dall’effettocombinato di diversi elementi: marca prescelta, target, meccanica promozionale, valore dell’incentivo, scelta del momento in cui effettuare l’azione, mezzo e messaggio con cui veicolarla, realizzazione di test ecc;
6) le azioni promozionali sono condotte insieme ad altre attività di marketing dell’impresa e dei suoi competitor, quali advertising e trade promotion.
Il calcolo dell’efficacia
Il problema della misura dell’efficacia di un’azione promozionale è in genere risolto circoscrivendo l’analisi all’effetto vendite. tre gli indicatori utilizzati: le vendite incrementali, lavariazione della quota di mercato, laredemption. In teoria, le vendite incrementali si calcolano sottraendo alle vendite effettuate nel periodo promozionale le vendite cosiddette “normali” o “di baseline” nel periodo stesso e sommando le vendite perse e guadagnate, prima e dopo la promozione, a causa del lead e del log. Ma non è un metodo affidabile. In primo luogo, per alcune categorie merceologiche non esistono settimane nell’anno in cui non vi siano promozioni, il che impedisce di adottare una settimana “full price” a riferimento; in secondo luogo, è difficile quantificare una serie di fattori determinanti per una valutazione corretta, fattori che vanno dall’attesa di acquisto prima della promozione agli effetti di stock up che portano a un calo delle vendite dopo la promozione (che, se è di successo, svuota il magazzino e pertanto azzera le vendite nei giorni successivi alla propria conclusione, sino ad avvenuto riassortimento). E neppure il secondo indicatore – la variazione della quota di mercato – giunge in aiuto, perché non consente di apprezzare la consistenza di effetti quali l’interbrand switching (lo spostamento della scelta del consumatore dalla consueta marca d’acquisto a quella in promozione) o il category switching, entrambi di particolare rilevanza. Anche l’ultimo criterio ha i suoi limiti, perché un’elevata redemption non è necessariamente lo specchio di una promozione efficace: troppi partecipanti abbassano la profittabilità dell’azione, e i consumatori che redimono possono essere clienti abituali che avrebbero acquistato il prodotto anche senza incentivo. Inoltre, pochi consumatori particolarmente sensibili a questa meccanica promozionale possono inviare molti coupon/premio senza sviluppare alcuna fedeltà alla marca.
Il criterio customer-focused
I dati demografici e comportamentali dei clienti, raccolti e resi disponibili nel database di marketing, sono opportunamente incrociabili con i dati di sell out dei prodotti per:
1) ridurre i difetti dei metodi basati sull’effetto vendite, consentendo di tener conto degli effetti collaterali (il calcolo delle vendite incrementali rimane un insostituibile punto di partenza);
2) sviluppare misure prima inaccessibili che soddisfano le esigenze di verifica di specifici obiettivi, quali quelli customer-focused;
3) attivare un processo di accumulazione di conoscenza intorno alle azioni promozionali dell’impresa, su cui far leva per affinarle nel tempo (si pensi alla registrazione nel database della risposta dei clienti alle diverse promozioni, che può tradursi in una segmentazione basata sul comportamento promozionale, da usare come base per azioni efficaci);
4) modificare gli aspetti del rapporto industria-distribuzione che attengono alla valorizzazione dell’attività promozionale e all’intrapresa di azioni congiunte.
Grazie al suo database il retailer ha registrato quando si tratta di una promozione e quando di un riposizionamento di prezzo. Può calcolare i cicli medi di riacquisto, verificare la presenza e quantificare l’entità di effetti lead e stock up. Questi dati consentono di giungere a una misura della frequenza di acquisto reale, che non necessariamente corrisponde a quella dichiarata durante le ricerche di mercato, e che spesso contrasta con le generiche ipotesi formulate per decidere la frequenza della promozione. In particolare, inoltre, identificando i clienti che hanno aderito alla promozione è possibile quantificare in che misura l’azione ha indotto una prima prova d’acquisto (evidenziando i consumatori che prima non avevano mai acquistato il prodotto), un riacquisto, un accorciamento del ciclo d’acquisto che non sia riconducibile a un effetto lead ma persiste nel tempo, un aumento dell’esclusività di utilizzo e altro ancora. Vieppiù, l’analisi della sequenza degli acquisti e dei panieri di spesa aiuta a verificare gli impatti positivi e negativi della promozione su altre marche, categorie o referenze della stessa marca, e quando la carta fedeltà funziona in circolarità sui punti vendita permette di consolidare il comportamento dei clienti che utilizzano più negozi della stessa insegna, misurando così lo store switching trainato dalle promozioni e componendo un quadro di valutazione di tutti gli effetti (inter/intra brand, inter/intracategory ecc) alla luce degli acquisti globali dei clienti, e non solo con riferimento allo specifico punto vendita.
Considerando infine periodi d’osservazione che siano multipli dei ciclo di riacquisto è possibile verificare la persistenza nel tempo degli effetti indotti dalla promozione, monitorando ad esempio se l’aumento della quota di vendite in categoria del brand promozionato è solo “rented share”, ossia preso a prestito dai competitor, che tornano alle posizioni precedenti in occasione di nuove azioni promozionali sui propri brand, o stabilizzata grazie alla conquista definitiva di nuovi clienti.
Presto, nella rubrica In primo piano, nuovi approfondimenti su questo tema.
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