pubblicato il 04 03 2013
Più che la creatività del programma o l’attrattiva della destinazione, sono i presupposti psicologici a rendere un incentive efficace. E la Csr risulterebbe molto meno importante di quanto si crede.
Continuiamo e concludiamo la presentazione della ricerca Incentive Travel: the participant’s viewpoint, condotta da Site International Foundation e dall’Incentive Travel Council dell’Incentive Marketing Association, di cui potete leggere la prime due parti cliccando qui.
Le caratteristiche memorabili di un viaggio incentive
La terza parte approfondisce quello che, nella percezione dei partecipanti, rende “memorabile” un incentive travel. Sorprendentemente, lo studio ha posto in luce che la piacevolezza del ricordo non si deve a elementi endogeni al viaggio, bensì ai suoi presupposti. L’88,6% dei vincitori dell’incentive program sostiene che sta proprio qui, nell’aver vinto, l’elemento-chiave del processo di gratificazione, perché li ha fatti sentire apprezzati dall’azienda. Allo stesso modo, il 72,4% ha dichiarato un aumento del senso di lealtà verso l’impresa, il 77% ha parlato di aumento del senso di appartenenza e il 63,1% di incremento del senso di fiducia.
Ciò significa che un incentive è “ben ricordato” prima ancora del suo inizio. E che nessun programma, per creativo e originale che sia, può sostituirsi al senso di soddisfazione dato dal fatto puro e semplice di potervi prender parte.
A valle di questa considerazione, passiamo ora in rassegna gli elementi endogeni al viaggio. Il principale è la destinazione: per il 38,6% ha suscitato ricordi “molto” o “estremamente” intensi e per il 72,8% un impatto emozionale positivo. Ciò mette in guardia dal rischio di sottovalutare la scelta della meta. Altri aspetti endogeni non suscitano l’impatto che molti si attenderebbero. Per esempio, il 34,2% ha detto che l’interazione con gli altri partecipanti (lo “spirito di gruppo”) è stato al massimo “mediamente intenso” e solo il 14,8% lo ha classificato “molto” o “estremamente” intenso. Ancora, la maggioranza dei partecipanti ha indicato come “poco significativa” l’interazione col senior management (37,7%) e la partecipazione alle sessioni di team-building (31,8%), attività che in ogni caso hanno suscitato un impatto emozionale positivo rispettivamente nel 53% e nel 45,7% dei casi.
L’elemento di gran lunga meno quotato – e questo risulterà sorprendente per molti – è la Corporate social responsibility (Csr), che la maggioranza della pubblicistica e degli operatori ci presentano oggi, al contrario, come ultima frontiera della motivazione aziendale. Ebbene, stando a questa ricerca pare che non sia proprio così. Il 39% dice che il ricordo dell’elemento-Csr non è intenso, il 18,2% lo definisce “poco intenso” e solo il 12,5% lo riporta come “molto intenso”. Le cose non vanno meglio dal lato dell’impatto emotivo: la maggioranza (51,7%) lo dichiara nella media e il 12,5% addirittura lo definisce negativo. Occorrerà che gli specialisti ripensino profondamente alle tipologie di Csr da applicare all’incentive, se ne vogliono attualizzare l’efficacia.
Conclusioni
La quarta e ultima parte dello studio trae le conclusioni, spiegando come, in generale, siano due le macro-aree in cui i viaggi incentive mostrano di essere cambiati. La prima è quella degli obiettivi, oggi non più catalogabili a priori bensì diversi e unici, di viaggio in viaggio, a seconda dei partecipanti. Ci sono viaggi concepiti per attrarre e trattenere talenti, altri per costruire o cementare gruppi di lavoro, altri ancora per innescare un processo virtuoso di motivazione capace di incrementare le performance sine die. E si potrebbe continuare all’infinito.
La seconda macro-area è quella degli stakeholder, oggi non più limitata al sales e al marketing ma trasversale a tutti i reparti aziendali. E ciò, se da un lato è naturale conseguenza dell’evoluzione del business (da tempo in azienda tutti debbono saper fare un po’ tutto), dall’altro complica le cose perché rende difficile identificare gli obiettivi primari di un incentive, e ancor più distinguerli da quelli secondari.
Occorre pertanto un grosso sforzo per creare nuovi approcci all’incentive travel. Si consideri che il 95% dei dirigenti ha come principale impegno quello di non perdere gli elementi migliori e che, all’opposto, il 47% dei “top performer” è alla costante ricerca di nuovi impieghi. A peggiorare il quadro, un dipendente su tre si dichiara “insoddisfatto” e “tendenzialmente sleale” (sic!), speranzoso di “essere da qualche altra parte nel giro di dodici mesi” (fonte: MetLife Employee Benefit Trends).
Mentre l’economia e il mercato del lavoro cambiano, cambia dunque anche la competizione tra i talenti. Creare il giusto coinvolgimento e soprattutto le giuste motivazioni è oggi un impegno prioritario per tutte le aziende che desiderano davvero garantirsi un avvenire.
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